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Il manierismo è, in ordine cronologico, l'ultimo movimento artistico del passato che sia stato oggetto di riabilitazione postuma. Dal Seicento infatti, in cui venne formulato un giudizio sostanzialmente negativo sulla produzione artistica successiva alla morte di Raffaello (1520), ritenuta espressione tramite dipinti di un periodo di decadenza, si è dovuto attendere il nostro tempo perché al movimento venissero riconosciute non solo una validità storica e artistica, ma anche un inquietante carattere d'attualità e modernità.
Nel linguaggio critico di Giorgio Vasari (1511- 1574), più noto come autore delle Vite dei più eccellenti architetti, pittori e scultori italiani che come artista, il termine "maniera" definiva ancora la forma, il gusto e la tecnica del singolo artista, il suo personale modo di esprimersi all'interno di una tradizione, insomma il suo "stile". Successivamente, con la definitiva affermazione del gusto barocco e nei relativi dipinti, fu dato per scontato che la crisi del Rinascimento in sede storica e politica avesse avuto il suo corrispondente anche nell'ambito dell'arte, dove il trionfo della "maniera", nel significato già negativo di padronanza dei mezzi tecnici, capricciosa imitazione della tradizione, virtuosismo formale, avrebbe celato una sostanziale povertà di idee e di ideali.
In questo giudizio era però sottinteso, sulla scorta di un confronto con gli artisti precedenti, che per "idea" dovesse intendersi una "idea del mondo", comprensiva di tutta la realtà, e per "ideale" la volontà della sua rappresentazione globale. Sfuggiva, ed è l'elemento su cui si è imperniata la riabilitazione moderna, l'importanza che nel manierismo assumono la soggettività, la contraddizione e l'obiettivo di esprimere non tanto un equilibrio quanto la complessità delle esperienze che rendono quest'ultimo irrealizzabile o utopistico.
La Toscana, ancora una volta, è il luogo in cui viene vissuta prima e più intensamente l'esperienza manierista: con Jacopo Carrucci detto il Pontormo (1494-1556), Giovanni Battista di Jacopo detto Rosso Fiorentino (1495-1540), Agnolo di Cosimo detto Agnolo Bronzino (1503-1572) e Domenico di Giacomo di Pace detto Beccafumi (1486?-1551) si delineano infatti le caratteristiche più salienti del movimento che vengono espresse direttamente nelle opere pittoriche e dipinti.
Nelle loro opere è percepibile, innanzitutto, un rapporto critico con il classicismo, in senso sia psicologico sia intellettuale. L'irrequietezza di questi artisti che, sempre insoddisfatti dei risultati conseguiti, quasi inventano difficoltà tecniche e compositive nei quadri moderni per dimostrarsi all'altezza dei grandi modelli, sta a testimoniare il fervido rapporto che li lega a questi ultimi, rapporto dettato dalla volontà di proseguire la loro ricerca.
Ma l'impulso più profondo che li anima sembra essere l'intolleranza per l'armonia, la regolarità, la misura dell'arte rinascimentale, che aveva trovato in alcuni canoni formali, dalla prospettiva alla rappresentazione unitaria dello spazio, dalla definizione della bellezza dell'ordinata disposizione delle figure sulla superficie della tela, la sua adeguata forma espressiva. L'esperienza di questo conflitto produce esiti diversi, dal virtuosismo alla deformazione, dall'eleganza estrema alla disintegrazione capricciosa di qualunque criterio di unità e di equilibrio.
Ma in ogni caso si avverte, come fattore unificante, l'irruzione dell'elemento soggettivo, non solo nel senso di una personale interpretazione della realtà, ma anche di una identità tra la ricerca umana e intellettuale e l'operare artistico.
Altro centro importante per la definizione dell'esperienza mani eristica fu l'Emilia, dove operarono Antonio Allegri detto il Correggio (1489?-1534) e il discepolo Francesco Mazzola detto il Parmigianino (1503-1540), che non poca parte ebbe nella definizione del manierismo come movimento raffinato, intellettualistico e sofisticato.
Occorre infine ricordare che anche nell'opera dei cosiddetti "maggiori", come Raffaello, Michelangelo, Tiziano o Tintoretto, che vengono solitamente sottratti a definizioni riduttive per una lettura più analitica e cronologicamente articolata della loro opera, sono presenti aspetti che non solo preludono al manierismo, ma addirittura costituiscono i presupposti della crisi rinascimentale.